di Giorgio Durante
Quando vedi calici in aria, musica e gente saltellante, sai di essere arrivato nell’area del Vinitaly riservata alla Calabria.
Con questa immagine emblematica si trascina l’edizione 2025 di una fiera sempre più calabrese e sempre meno internazionale.
Verona – Un tempo palcoscenico d’eccellenza per i grandi nomi del vino italiano, oggi il Vinitaly sembra assumere sempre più i contorni di una convention a vocazione pop, con la presenza di un centinaio di micro-cantine ed enoturisti calabresi. E a guidare il corteo, con tamburelli e nduja, è la Calabria. Una regione che non smette mai di sorprendere – nel bene e nel male – ma che in questa edizione 2025 ha letteralmente invaso i padiglioni con un centinaio di micro-produttori, bottiglie artigianali e tanto, tantissimo rumore, sarà il risultato del consolidato connubio tra gli organizzatori dell’evento veronese e la classe dirigente regionale, che ha addirittura portato in Calabria una replica in formato ridotto?
Se i grandi produttori nazionali sono ancora presenti, lo fanno più per dovere che per convinzione. I colossi del vino – quelli che muovono milioni di bottiglie all’anno – osservano con distacco un evento che sembra aver perso la sua vocazione commerciale. Tra ebbri corregionali festanti è difficile intravedere seri operatori. Nei corridoi di Vinitaly si incontrano sempre meno di buyer e operatori internazionali e sempre più di parenti, compari, funzionari regionali e produttori da 2.000 bottiglie l’anno. Un numero che – per dare un senso delle proporzioni – si beveva in una settimana in una sola delle innumerevoli cantine calabresi del dopoguerra. Dice bene, il fattivo e meritevole Assessore Regionale all’Agricoltura Gianluca Gallo, che la qualità dei vini calabresi è migliorata e che le aziende presenti sono in numero maggiore rispetto agli anni precedenti, tant’è che anche lo spazio acquisito dall’ente regionale è aumentato rendendolo disponibile alle numerose aziende espositrici. Il vino rappresenta l’animo nobile dell’agricoltura, e perciò ci si investe, ma cosa rappresenta la Calabria del vino, dove tutto e cominciato, che è lo slogan di quest’anno ammiccando al popolo degli Enotri prima ancora della Magna Grecia? I dati parlano chiaro: secondo le ultime rilevazioni, in Italia sono state imbottigliate oltre 2,1 miliardi di bottiglie DOP. Il solo Prosecco copre oltre 500 milioni di bottiglie. E la Calabria? Con i suoi 7 milioni di bottiglie DOP complessive, rappresenta poco più di una goccia nel mare. Eppure, è quella che fa più rumore a Verona.
Gli investimenti nel settore sono notevoli, le cantine aumentano in numero ma non in capacità aggregativa e produttiva, tra PSR e altre misure comunitarie le risorse che arrivano copiose si trasformano in impianti tecnologici all’avanguardia, quasi sempre sovradimensionati e in sale degustazione predisposte ad accogliere decine e forse anche centinaia di enoturisti e appassionati, ma chi li ha mai visti? Tutto questo rumore ancora una volta per poco o nulla, o per meglio dire solo lo 0,50% della produzione nazionale di vino in bottiglia e lo 0,50 è un valore pure sovrastimato.
Nelle stanze che contano non si parla di strategie di mercato, enoturismo, export e soprattutto di pianificazione integrata, i distretti del cibo stentano a partire in Calabria, cosi come pure decine di altre iniziative frammentate, ai giovani frequentanti i corsi di alta formazione degli ITS Academy esperti di comunicazione e marketing agroalimentare, vengono preferiti, per le presenze agli eventi, anziani funzionari alle soglie del pensionamento, provenienti da ruoli tecnici. Al Vinitaly si parla calabrese. Ovunque. Nei corridoi, agli stand, ai tavoli istituzionali. E se un tempo Vinitaly era l’appuntamento clou per le aziende pronte a conquistare il mondo e molte di esse, quelle più grandi, lo hanno fatto, oggi rischia di diventare il festival delle micro-cantine della Calabria e della sopravvivenza agricola assistita, dove l’importante è “esserci” e farsi vedere, magari in 3D, tra un calice, una nduja e una tarantella, il mercato mondiale del vino e dei territori che lo producono è tutta un’altra storia.