di Adele Filice
Fra i tesori della Calabria, sparsi ovunque e forse per questo poco visibili agli sguardi più distratti e meno sensibili, è da considerare la varietà etnica e culturale delle sue genti. Senza scomodare la storia antica, ancora oggi r-esistono, pur con le inevitabili contaminazioni, le “isole etniche” occitana, grecanica e arbëreshë. E proprio sulla cultura arbëreshë, o italo-albanese – splendido esempio di integrazione ante litteram – l’Accademia oggi si sofferma, con tutte le intenzioni di farlo anche sulle altre, complice la causalità di annoverare tra i suoi soci Francesco Pellicori, italo-albanese di parte materna, che si fa tramite dell’incontro con Lucia Martino, frascinota dalla nascita e un curriculum chilometrico che informa della sua docenza in Materie Letterarie nelle scuole medie, un libro di cui è coautrice e della mission di una vita spesa e ancora da spendere per la causa arbëreshë, espressa con l’impegno nel teatro in lingua e nella cucina delle sue origini. Teatro e cucina, dicevamo: cultura linguistica ed artistica, dunque, e cultura materiale, espressive quante altre mai, che hanno contribuito, col lavoro di Lucia, a tramandare a tanti giovani italoalbanesi una sostanziosa porzione del patrimonio culturale originale e a portare in diversi Paesi, città e continenti l’infaticabile signora che a buon diritto è diventata sul campo ambasciatrice dei discendenti di Skanderberg in Calabria. Lucia ci riceve, in una calda giornata di luglio, nel suo buen retiro sotto la cima del Pollino, a cui ha dato nome Kané, che in lingua arbëreshë vuol dire “da noi”. Già il nome, nell’espressione della sua inclusività, suona come un invito all’ospitalità e al convivio; ad accrescere l’armonia del luogo, la presenza di Sbronzi – un cagnolone enorme e dolcissimo che, presa visione dell’arrivo degli ospiti, si accuccia placido davanti alla porta, forse aspettando di partecipare al pranzo – e quella di un enorme noce le cui fronde ombrose e cariche di frutti stormiscono, come strumenti di una piccola e improvvisata orchestra, ad ogni alito di vento. Le aiole intorno alla casa-laboratorio- museo della signora Martino esplodono dei gialli e dei viola di lantane e belle di notte, quasi a farsi riflesso dei lavori artistici, disseminati ovunque, di Mimmo, figlio di Lucia. All’interno, diversi cimeli che dicono tutto il suo amore per il mondo dei suoi avi. La tavola, apparecchiata con cura, esplicita il senso dell’accoglienza, mentre una caraffa di sublime acqua fresca e verdeggiante di rametti di mentuccia e fettine di cetriolo, placa l’arsura degli ospiti. Sul piano di lavoro, una cupoletta di pasta di casa attende le abili mani della massaia, desiderosa di mostrarci l’antica e muliebre arte dell’impasto e della lavorazione. Con gesti rapidi, sicuri, direi sapienti, che denunciano tutta la conoscenza dell’arte, Lucia si prodiga nella confezione di un lungo filo di pasta, poi raccolto a matassa e stretto tra le mani, che diverrà shtridhëlat, la pasta di casa arbëreshë. Condita con un semplice sugo di pomodoro al basilico, la pasta sprigiona tutta la sua arcaica ed essenziale bontà, mentre il caratteristico agnello con patate, cotto tutto insieme, riporta subito alla dimensione della tradizione e direi, della festa; la festa dell’investitura di Lucia ad ambasciatrice della cucina calabro-arbëreshë. Non possono mancare i dolci, in un giorno di festa, e infatti, alla fine del pranzo, il palato si delizia con sopraffini dolcetti al limone, dove la ghiottoneria dei commensali ha aggiunto un delicato sciroppo di cedro, uscito dalla fantasia alimentare di Pellicori, ulteriore prodotto della grande rete di Federterra che Francesco ha messo in piedi e che avrà un racconto tutto suo. La delizia al limone, non limoncello ma qualcosa di molto più gradevole e soave, sempre di casa Pellicori, chiude il convivio. È difficile lasciare una tavola e una compagnia così gradevoli. Nella calura del meriggio, i rami di noce riprendono il loro canto e ci regalano un ultimo fresco abbraccio, momentaneo commiato da un mondo che ha resistito e resiste con incredibile tenacia e fierezza a problemi di ogni sorta e può ben innalzarsi dovunque ad esempio di orgoglio e attaccamento alle proprie radici. Con questa convinzione, oggi l’Accademia è soddisfatta di aver trovato un’altra valida rappresentante che già da settembre, in Albania e poi in ottobre negli USA, porterà i colori sociali e i sapori della cucina calabro-arbëreshë in giro per il mondo.