Che la liquoristica regionale da qualche anno è in forte fermento è cosa evidente, premi internazionali, nuove etichette, decine di produzioni e novità ogni anno. Probabilmente il successo dell’ Amaro del Capo, dei Caffo di Limbadi a livello nazionale ha creato un effetto trascinamento. Sono in molti che si cimentano, ma pochi che hanno le idee chiare, ed ancor meno coloro che hanno cognizione di erbe, radici ed infusi. Parliamoci chiaro un amaro si può fare in molti modi, quello più semplice adottato da molti è rivolgersi ad una azienda che produce conto terzi, gli si da un indirizzo dal punto del gusto che si vuole ottenere e del livello di amaro da raggiungere ed ecco fatto, la rete commerciale e il marketing fanno il resto. Abbiamo per questo voluto capirci di più rivolgendo qualche domanda ad uno dei produttori da poco cimentatosi in questo ambito. Vincenzo Serra, da una vita nell’ambito del food con la passione, fino ad ora, recondita per la liquoristica. ” Si il mondo della liquoristica è un mondo complesso, fatto di esperienza e di conoscenza, sono migliaia le erbe, le radici, i fiori, i frutti dai quali possono essere ricavate essenze ed infusi, personalmente ho fatto il mio percorso e mi rendo conto che sono solo all’inizio, ho definito per ora una quindicina di ricette tutte realizzate e in commercio, ma la ricchezza della nostra terra, la Calabria, offre stimoli straordinari vista la grandissima disponibilità di frutta, erbe, radici ed altro. Basti pensare alla liquirizia, al bergamotto, ai nostri limoni di Rocca Imperiale, ma pure all’anice, al finocchio, al peperoncino, all’artemisia, amaricante per eccellenza, elencarli tutti sarebbe impossibile, il cedro come non citarlo.” E mentre racconta questo mondo, Enzo Serra cosi lo chiamano gli amici si entusiasma, cita personaggi storici e leggendari, luoghi reali e immaginari, a questi dedica le sue creazioni, Alaricum, Re Italo, Donna Brettia, Anicafè, il Pornocino, ognuno di questi raccoglie le essenze che nel tempo Serra ha selezionato e acquista una sua precisa identità, inconfondibile. Personalità che raggiunge in Foraffascino, premiato come Best Italian Spice, la sua più alta espressione. chiediamo a Vincenzo Serra come nasce un liquore con un nome così curioso. “In realtà i calabresi come i campani sono molto superstiziosi e quando le cose vanno male si dice ti hanno affascinato, da questo nasce il rito dello sfascino, un rito segreto, che le nostre nonne e le nostre zie praticavano, in pratica toglievano il malocchio, di questo si tratta, io ho voluto intanto riportare il rito in un pamphlet che viaggia con la bottiglia sulla quale ovviamente è rappresentato il corno-peperoncino, e proprio il peperoncino lo ritroviamo negli ingredienti, ma non in modo invasivo, una creazione che si presta moltissimo ad essere utilizzata nei cocktail e che come tutte le altre mie creazioni raccontano questa terra, spesso amara, piena di misteri e leggende ma che talvolta sa essere anche dolce, come i fichi della valle del Crati che danno vita ad un rosolio dedicato da me a Donna Brettia prima donna guerriera al mondo”. Insomma un interpretazione del tutto originale e personale che racconta anche il territorio attraverso creazioni liquoristiche che sono espressione identitaria dello stesso. Ben vengano iniziative come questa, che vanno oltre quelle preparazioni industriali asettiche e piatte, finalizzate soltanto a conquistare un posticino nel vasto mercato degli amari. La nostra testata nasce per raccontare territorio e iniziative che questo territorio raccontano e soprattutto valorizzano.